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  • Immagine del redattoreViviana Navarra

Abracadabra

Intervista allo scrittore, consulente e imprenditore bresciano classe 1974.


La sua scrittura è ipnotica, forte e chiara. Un flusso di coscienza liberata, una esortazione vigorosa a dare un peso specifico alle parole e a pronunciarle con consapevolezza. Perché se è vero che "la conoscenza rende liberi", è altrettanto vero che la libertà passa attraverso le parole. Paolo Borzacchiello è uno dei massimi esperti di intelligenza linguistica. Da oltre quindici anni si occupa di studio e divulgazione di tutto ciò che riguarda le interazioni umane e il linguaggio. Autore di bestseller e podcast di successo, è il co-creatore di HCE, Human Connection Engineering, disciplina che studia le connessioni umane. Ha pubblicato con Mondadori il ciclo di romanzi bestseller "La parola magica", "Il Super Senso" e "La quinta essenza" oltre al saggio "Basta dirlo" e al breve corso di autodifesa emotiva "Nessuno può farti star male senza il tuo permesso" scritto con Elisa Sednaoui. I sui ultimi libri sono "Forse sei già felice e non lo sai" (Mondadori) e "La chimica segreta delle interazioni umane" (Roi Edizioni).



Paolo, il giovane Holden desiderava poter chiamare certi autori al telefono tutte le volte che gli girava. Lei quali autori chiamerebbe?

Io chiamerei subito Tolkien, nel luogo in cui si trova ora e ipotizzando che in quel luogo ci sia linea, per chiedergli se è un terrestre o un alieno venuto sulla terra, perché mi sono sempre chiesto come una mente umana abbia potuto concepire il meraviglioso universo che ha descritto nei suoi libri: un’invenzione o il racconto di un altro mondo? Poi chiamerei George Lakoff, per ringraziarlo, visto che è ancora vivo, per avermi cambiato la vita con il

suo lavoro sulle metafore. E infine, giusto perché amo il numero 3, chiamerei Safran Foer, per dirgli che è veramente un grande e che scrive benissimo.



Il suo libro preferito.

IT, di Stephen King.



Un pensiero felice.

La felicità non esiste. E questo, se si ha abbastanza tempo e abbastanza voglia per indagarlo a fondo, dal punto di vista linguistico e neuroscientifico, è un pensiero davvero felice, che può salvare la vita di moltissime persone.


Tre hashtag per raccontarsi.



La parola alla quale è più legato?

Abracadabra, perché le racchiude tutte. O, meglio, mi ricorda qual è la mia missione, che cosa devo fare tutti i giorni, quanta attenzione devo prestare alle mie parole. Abracadabra, infatti, deriva dall’aramaico e significa qualcosa del genere “io creo cose buone quando parlo”. Ecco, Abracadabra mi ricorda che potere ho ogni volta che parlo, e di farne buon uso.



Quando ha scoperto il suo talento per la scrittura e come ha cominciato a esercitarlo?

Talento per la scrittura non lo so… non so nemmeno se io possa definirmi uno di talento. Dicono che scriva abbastanza bene, ma non sta a me giudicare. Piuttosto, le dico quando ho scoperto l’amore per la scrittura: in seconda media, quando ho scritto sulla Olivetti di mia mamma il mio primo romanzo dattiloscritto, un pastrocchio delirante che però ricordo ancora con affetto. Mentre picchiettavo sui tasti, pensavo che scrivere fosse la cosa più bella del mondo. E lo penso ancora. Da quel giorno, ho sempre scritto, tutti i giorni: diari, racconti, tentativi di libri… tutti i santi giorni. Cosa che faccio ancora oggi.


Quali sono stati i libri che ha amato di più da bambino? Quelli che l'hanno ispirata e hanno contribuito alla sua formazione?

Tutti i libri di King: quando ero ragazzo, passavo le estati e i week end in casa a leggere perché non avevo amici e le rare volte in cui uscivo mi sentivo male, soprattutto per l’asma. Quindi, leggevo. Credo che il mio stile di scrittura si sia formato lì: adoravo leggere soprattutto le sue introduzioni e i suoi ringraziamenti e anche io, oggi, nei ringraziamenti gioco un po’ a fare lui… con quel suo tono confidenziale che ho sempre amato. Poi, e qui ero al Liceo, è arrivato Freud che mi ha fatto capire il potere della mente… e poi tutta la linguistica di Chomsky e Lakoff, ma ero già verso i trenta, quindi non so se conta.



L'ispirazione, alla fine, per lei cos'è?

La scusa di chi ha molto tempo da perdere o abbastanza soldi per non dover lavorare davvero.


Grazie.





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