Intervista a Fabrizio Caramagna, l'aforista italiano più citato al mondo.
Mentre Fabrizio Caramagna va alla ricerca di meraviglie, è inconsapevole di averne già trovata una: quella che porta dentro di sé.
Viva, potente, vigorosa e allo stesso tempo leggerissima.
Come una farfalla dalle ali pesanti.
La si può sfiorare, posarla su una panchina e restare a guardarla per un po'. E poi magari sorridere. Perché il sorriso, dice l'aforista tra gli autori più citati al mondo insieme a Gandhi e a Confucio, "permette all'anima di respirare".
Nato a Torino nel 1969 ("ma non so mai rispondere quando mi chiedono quanti anni hai perché ne ho venti almeno due ore al giorno, sette quando scopro un'altalena, trenta quando faccio progetti e settanta quando mi sento solo"), ha pubblicato due libri bestseller con Mondadori, "Il numero più grande è due" e "Se mi guardi esisto". Per lui, che fotografa le parole, le apre come se fossero finestre e ci fa entrare dentro la luce, l'aforisma è un filo "inter- mentale". È come giocare a dadi. "Il dado è come se fosse una parola. Io lancio ogni volta le parole sul tavolo e dalla loro combinazione esce fuori un aforisma. È una forma d'arte che ha a che fare più con la ragione che con l'emozione".
Il giovane Holden desiderava poter chiamare certi autori al telefono tutte le volte che gli girava. Lei quali autori chiamerebbe?
Il primo autore sarebbe la poetessa Emily Dickinson. Sono innamorato delle sue poesie, così delicate,sensibili, magiche e colorate. Se ci fosse una macchina del tempo tornerei nell'Ottocento e le chiederei di fidanzarci. Un altro autore che vorrei sentire è Guido Gozzano. Ho fatto la tesi di laurea su di lui. La sua malinconia e la sua ironia mi sono molto affini. Mi ricordo che facevo i suoi percorsi cittadini e leggevo i libri che leggeva lui per immedesimarmi nel personaggio e capire la sua scrittura (fu così che
scoprii dei manoscritti inediti dell'autore alla Biblioteca Civica di Torino!). Il terzo autore è la poetessa Saffo. Le chiederei di leggermi al telefono tutte le poesie che ci sono arrivate solo per frammenti (chissà se capisco ancora il greco antico!).
Il suo libro preferito.
Anna Karenina, un romanzo di luci e ombre. Mi rispecchio nella luce di Konstantin Levin e nell'altruismo di Kitty e non nelle ombre e nel buio di Anna Karenina e Vronskij. Konstantin Levin chiede la mano di Kitty e prima le fa leggere il diario della sua vita, dove c'è tutto, anche le cose più e brutte e inconffessabili. Kitty esita qualche giorno, resta sgomenta dopo la lettura del diario, ma poi accetta. Chi di noi, prima di sposarsi, consegnerebbe il suo telefono con tutte le notifiche e le chat? Nessuno. Non siamo capaci di un tale gesto di trasparenza e di fiducia.
Un pensiero felice.
Tutte le volte che vedo l'azzurro del mare. Tutte le volte che accarezzo un cane. Tutte le volte che scrivo un aforisma riuscito.
Scelga tre hashtag per raccontare di sé.
La parola alla quale è più legato.
Galassia. Compare spesso nei miei aforismi. Io vengo da una galassia lontana, la mia elica del Dna è avvolta dentro una galassia. Non sono un abitante di questo pianeta, anche se cerco ogni volta di adattarmi alle regole e alle usanze dell'homo sapiens. Quando morirò tornerò di nuovo lassù, alla mia galassia. "Misuro la distanza tra me e la galassia Alpha Centauri. E provo tenerezza per le regole della fisica. Se qualcuno spinge l’altalena in modo giusto, ci arrivo subito lassù".
L'ispirazione. Per lei, cos'è?
Non so cosa sia l'ispirazione. So solo che dentro di me c'è un fiume che ogni volta spinge per uscire. Ci sono stati dei periodi di non scrittura, ma quel fiume continuava a ribollire, non poteva far finta che non esistesse. Più lo tenevo a bada e più premeva per sgorgare.
L'ispirazione è qualcosa di misterioso. Io so solo che questo fiume interiore mi spinge a scrivere frasi e aforismi sugli oggetti e le cose più disparate. Credo che nella struttura del mio Dna ci sia scritto un aforisma. Ho una probabilità su miliardi di scoprirlo. E ogni volta scrivo cercando di trovare questo aforisma segreto. Quando lo troverò, avrò smesso di scrivere e il fiume tacerà per sempre.
Quando ha scoperto il suo talento per la scrittura e come ha iniziato a esercitarlo?
Al liceo classico scrivevo dei temi (ovviamente corti) che prendevano voti alti (anche se l'insegnante scriveva "allunga, allunga"). E scrivevo anche dei racconti brevi che facevo leggere a qualche amico e che poi mettevo nel cassetto quasi vergognandomi. Ho sempre amato la brevità, ma non pensavo di avere il talento per la scrittura. Nel 2009 e nel 2012 ho pubblicato due libri di aforismi a tiratura limitata, perché credevo di non essere all'altezza. Poi quando nel 2016 ho visto una mia frase comparire nella finalissima di "Ballando con le stelle", insieme a frasi di Madre Teresa di Calcutta, Jacques Prévert e Joseph Conrad, ho pensato: "Beh, forse quello che scrivo non è poi così male". Lì ho cominciato a prendere consapevolezza del mio talento.
Quali sono stati i libri che ha amato di più da bambino, quelli che hanno contribuito alla sua formazione?
Da bambino leggevo poco. Non vengo da una famiglia di lettori e nessuno mi ha trasmesso il piacere della lettura. Ho cominciato a leggere molto tardi, a 14 anni (nella mia vita molte cose sono cominciate tardi). Prima gli autori italiani, Pavese, Fenoglio, Bassani, Tomasi di Lampedusa, di cui ho divorato ogni pagina, anche i testi inediti e sconosciuti, poi ho allargato il respiro alla poesia francese dell'Ottocento,
alla letteratura tedesca (Thomas Mann tra tutti) e al teatro inglese. Ricordo che a 16 anni volevo andare a dormire con il libro di Shakespeare sotto il cuscino. Ma erano tutte le commedie e le tragedie edizione Einaudi. Un tomo troppo grande per stare sotto il cuscino!
Chi sono stati i suoi maestri, nella vita e nella professione.
Credo di essere stato un autodidatta molto curioso. Non ho avuto maestri al liceo e all'università. I miei maestri sono stati i libri. A loro devo tutto. Per l'aforisma i miei maestri sono stati Stanislaw Jerzy Lec (per il gusto del paradosso), François de La Rochefoucauld (per la geometria dell'aforisma), Elias Canetti (per l'esplorazione interiore) e Ramón Gómez (per il gusto surreale e per la scrittura visiva).
A noi tutti appartengono certi libri, e certi libri soltanto. Che cosa c'è di così autenticamente nostro in quelle pagine?
Come dicevo sopra, una parte di me si è totalmente immedesimata in Konstantin Levin di Anna Karenina. Ma a 16 anni io ero Tonio Kröger. Quell'oscillazione tra la mediocrità borghese e la vocazione artistica mi apparteneva. Come lui guardavo da lontano la donna di cui ero innamorato, ma non provavo mai a conoscerla, perché la scrittura veniva prima di ogni altra cosa. "Danzar vorrei, ma devo scrivere" pensavo. Quante feste del liceo mi sono perso perché io ero Tonio Kröger e dovevo creare! Poi ci sono stati altri periodi della mia vita in cui io ero il personaggio di un libro. Chissà, forse lo sono anche adesso.
L'intelligenza artificiale avanza provando a occupare sempre più spazio nel mondo del lavoro tradizionalmente usurante, ma ormai anche delle professioni intellettuali. Potrà mai sostituire l'umano- scrittore?
Nel mondo degli aforismi l'intelligenza artificiale sta già provando a sostituire lo scrittore. In fondo l'aforisma è una combinazione di poche parole ("l'aforisma ben fatto sta tutto in 8 parole" diceva Gesualdo Bufalino). Scrivere aforismi è prendere i dadi delle parole, gettarli sul tavolo e sperare che dalla loro combinazione venga fuori la frase vincente.
In Germania c'è un algoritmo che, mescolando e combinando delle parole diverse, compone aforismi. Su un centinaio non riusciti, ce n'è qualcuno che è di ottima qualità! Chissà, forse tra cent'anni, noi aforisti verremo rimpiazzati da una macchina. La vedo più dura per il romanzo. Ma non è detto. E' solo questione di tempo. Per quella data per fortuna sarò già ritornato nella mia galassia.
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