Intervista alla celebre illustratrice Giulia Orecchia
Le sue illustrazioni si riconoscono tra mille. Vive e potenti come i sogni quando si svegliano all'alba, accese e vivaci come gli occhi dei bambini. Cosparse di un immancabile tocco di surrealismo che, come polvere di fata, le rende eterne e magiche.
Giulia Orecchia, nata a Torino ma vissuta da sempre a Milano, è un'illustratrice e autrice editoriale di grande talento che si muove in punta di fantasia per dare vita a libri, giochi e laboratori.
A partire dal 1980 ha raccontato attraverso le immagini oltre un centinaio di volumi per bambini e ragazzi, tra cui testi di grandi autori (sue le illustrazioni dei più celebri libri di Gianni Rodari), copertine, racconti, romanzi e poesie.
Numerosi sono i riconoscimenti da lei ottenuti, su tutti il Premio Andersen alla carriera come migliore illustratrice. Tra i suoi lavori più recenti figurano "La mosca gentile" (Lorenza Gentile, Mondadori 2024) e "Hank Zipzer, Chi ha ordinato quel bambino?" (Henry Winkler, Uovonero 2023). Volumi pieni di colore e densi di creatività.
Giulia, il giovane Holden desiderava poter chiamare certi autori al telefono tutte le volte che gli girava. Lei quali autori chiamerebbe?
Italo Calvino e Raymond Queneau per la loro profonda fantascienza poetica bizzarra. Primo Levi per la sua poetica essenzialità.
Il suo libro preferito?
Le fiabe italiane raccolte da Italo Calvino. Sono scritte con un linguaggio fulminante, scarno e pieno di mistero. Hanno un fascino un po’ oscuro che toglie il fiato.
Uno dei libri più vecchi consunti e consultati della mia libreria invece è Il talismano della felicità di Ada Boni. Anche se ormai le ricette di cucina si trovano a migliaia ovunque nel web, nessun sito è completo, preciso, affidabile come questo librone.
Il suo colore del cuore?
Rosso rosso, il colore della vita e delle contraddizioni: 100 per cento giallo più 100 per cento magenta.
Il primo pensiero felice che le viene in mente?
Due pensieri.. La prima volta che ho preso in braccio i miei gemelli neonati. Stare in estate sull’amaca appesa tra due alberi leggendo un romanzo.
Quando ha scoperto il suo talento per il disegno e come ha cominciato a esercitarlo e a trasformarlo in una professione?
Mi è sempre piaciuto molto disegnare. Da bambina fantasticavo, leggevo e pasticciavo molto. Alle elementari venne una unica volta una maestra di pittura che ci fece usare le tempere e fu una scoperta e una gioia totale. Leggevo il Corriere dei Piccoli che era illustrato da bravissimi illustratori e li ammiravo tutti... Grazia Nidasio, Hugo Pratt, Gioia, Aldo di Gennaro, Iris de Paoli... cercavo di carpire i loro segreti (non ci sono mai riuscita! ognuno di loro aveva un suo qualcosa di prezioso e inimitabile)
Ho studiato, provato, copiato, sperimentato tanto, in continuazione, senza mai smettere, e ancora adesso appena posso mi metto a ricercare,studiare, pasticciare.
Farlo diventare un mestiere non è stato facile, ma erano comunque tempi più facili di ora. Fare libri era il mio sogno, che si è realizzato, piano piano, passando per mille altri lavori di illustrazione per riviste, quotidiani e agenzie, di laboratori con i bambini e con gli adulti. Ho avuto la fortuna di poter imparare a lavorare lavorando. Le esigenze e le condizioni del mondo del lavoro erano all’inizio molto diverse, e sono cambiate tanto e spesso nel corso degli anni. In particolare l’affermazione del web e la comparsa dei computer ha cambiato molto velocemente tutti i processi di lavoro. Le diverse crisi che abbiamo attraversato si sono sentite molto.
Anche l’editoria per ragazzi è cambiata negli anni, è maturata e ha conquistato una maggiore attenzione e qualità. È stato interessante vivere questi cambiamenti e cercare di capire come attraversarli adattandosi, esplorando e modificando strumenti e percorsi mentali senza perdere la propria identità.
Ora lavoro quasi esclusivamente in editoria e illustro libri per ragazzi. Adoro questo mestiere, nonostante tutte le difficoltà (che non sono poche). Tengo anche laboratori con bambini, adulti e pazienti psichiatrici. È fantastico vedere le persone entusiaste e concentrate quando riesci a coinvolgerle sul piano creativo, e i lavori che producono sono di una qualità straordinaria.
A quale suo lavoro è legata in maniera particolare, e perché?
Lupo lupo ma ci sei?. Un libro cartonato per piccoli, progettato insieme a Giusi Quarenghi, dove abbiamo giocato con quella caratteristica del nostro cervello che, se percepisce attraverso la vista una immagine incompleta, tende ad interpretarla e a immaginarla completa, secondo la regola della massima continuità e semplicità. Sfruttando questo principio di percezione visiva, in questo libro si vedono particolari che sembrano appartenere al lupo (un lupo archetipo dell’ombra!). In realtà, aprendo le finestrelle si scopre che la porzione di immagine appartiene ad un soggetto completamente diverso.Nel libro si mescola il gioco visivo con la sorpresa, la paura e il sollievo, suggerendo tra le pagine che è meglio evitare che la superficialità ci porti a confondere le cose.
La scatola dei giochi Le Mille e una Storia. Una scatola che contiene materiali visivi (una tombola, un mazzo di carte, due mappe immaginarie) per stimolare la fantasia e inventare storie.
Una caratteristica, al contrario, che le illustrazioni non hanno ma le parole sì.
Difficile da dire... Suono? Ma le immagini hanno colori e ritmo dove le parole hanno il loro respiro e il loro canto.
Raccontare una storia attraverso le immagini. Come avviene questo processo creativo?
Le immagini si formano in qualche luogo non localizzabile, immenso e intangibile, nei meandri della mente, forse nella zona del cervello dove nascono i sogni. Portarle su carta è una operazione che coinvolge l’immaginario, il pensiero, lo sguardo e il gesto, gli strumenti per disegnare, tutta la storia dell’arte e il vocabolario visivo che abbiamo assimilato, la nostra abilità e i nostri limiti per realizzare una immagine il più vicina a quella che abbiamo intuito. E, tocca arrendersi, l’illustrazione finita non è mai come l’avevamo immaginata.
Una qualità che possiedono le illustrazione e che manca alle parole.
Immediatezza. Emozione. Un’immagine si coglie in una frazione di secondo e arriva direttamente al cuore attraverso l’intuizione. Può essere letta da chi non può leggere le parole. Racconta storie, trasportandoci altrove, sollecitando, dopo il primo impatto emotivo, l’osservazione. Pone domande, attiva il pensiero alla ricerca dei significati possibili. È un linguaggio non verbale che attiva una comprensione del mondo diversa da quella razionale.
I suoi maestri, nella vita e nella professione.
Artisti che amo moltissimo:
Paul Klee Alexander Calder Bill ViolaWilliam Kentridge
Maestri che ho incontrato e amato:
Munari per avermi insegnato che l’arte può essere un mestiere, che la curiosità e la sperimentazione sono uno strumento, che si devono guardare tutte le cose da un altro punto di vista, che semplificare è difficile mentre complicare è facile.
Silvestrini, per avermi insegnato la grammatica segreta dei colori. E che quando nessuno li guarda i colori non esistono.
Tutti gli illustratori che ho incontrato e che incontro, dai quali cerco sempre di imparare. Sono tantissimi, e sono sempre di più, perché in continuazione emergono nuovi talenti straordinari.
L'intelligenza artificiale potrà mai in futuro sostituire l'umano-illustratore?
Ahi ahi. Lo strumento ha delle potenzialità sconvolgenti. Può essere veramente utile in moltissimi campi. E può essere davvero pericolosissimo. È fra noi e lo sarà sempre di più. Noi dobbiamo velocissimamente imparare a gestirlo, a usarlo con intelligenza (umana) e imparare a fare sempre meglio ciò che lo strumento fa male, non sa fare o non può fare. Credo che la cosa fondamentale sarebbe obbligare chi crea l’intelligenza artificiale a farle "firmare“ qualsiasi contenuto prodotto, per evitare confusioni e soprattutto manipolazioni.
Grazie.
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