L'intervista alla scrittrice, giornalista e drammaturga torinese classe 1958.
Un 'guazzabuglio' di creatività. La scrittura di Anna Vivarelli è come una "casa delle meraviglie" da aprire porta dopo porta, o per meglio dire pagina dopo pagina. Una casa in cui custodire la fantasia e poi andare a trovarla spesso e volentieri, per ricordarsi sempre che leggere è un gran bel gioco. Un gioco...da ragazzi.
Giornalista, drammaturga e autrice di programmi radiofonici per la Rai, la scrittrice torinese classe 1958 ha esordito nella letteratura per ragazzi nel 1994 e da allora ha pubblicato oltre settanta titoli con Einaudi, Piemme, Salani e tanti altri editori, firmando avventure imperdibili e divertenti, fiabe moderne dal sapore incantato e dalle note suggestive. Un guazzabuglio di bambini, Odio il piccolo principe, L'orco Gianbeppe, Pensa che ti ripensa, La casa delle meraviglie e Piazza Paletta numero 1 sono solo alcuni dei libri nati dalla sua penna, volumi ormai cult da sistemare gelosamente nella propria libreria.
Finalista al premio Strega, Vivarelli ha vinto prestigiosi riconoscimenti tra cui il premio letterario Il Battello a Vapore, il premio Cento, il premio Selezione Bancarellino e il premio Andersen. Molti dei suoi testi sono stati tradotti all’estero. Con "La scatola dei sogni", libro scritto insieme a Guido Quarzo, è stata finalista al Campiello junior nel 2022. Insieme allo stesso autore ha firmato due tra le sue ultime pubblicazioni, "Gabbie" (Uovonero) e "Il mio nome è Tartaglia" (Giunti).
Anna, il giovane Holden desiderava poter chiamare certi autori al telefono tutte le volte che gli girava. Lei quali autori chiamerebbe?
Ricevere consigli dai propri miti letterari e confrontarsi con loro sarebbe bello, anche se forse mi metterebbe in imbarazzo. Però (non faccio nomi…), ci sono alcuni colleghi che “chiamo” perché mi leggano e mi correggano, in un lavoro un po’ sotterrano e rassicurante di reciprocità.
Il suo libro preferito.
Da lettrice compulsiva e attempata ho amato autori e romanzi molto diversi, e naturalmente ho cambiato gusti innumerevoli volte perché sono cambiata io. Però posso indicare tra i miei preferiti i romanzi di Philip Roth, e fra questi La macchia umana, quelli di Joyce Carol Oates, e Le cascate è forse quello che amo di più. Ma anche Le Correzioni di Franzen è nella mia top ten, insieme a Il figlio del circo di Irving, altro autore che leggo e rileggo.
Il primo pensiero felice che le viene in mente.
La mia famiglia, quotidianamente.
Tre hashtag per raccontarsi.
La parola alla quale si sente più legata.
Professionalmente, senza dubbio PRECISIONE. Credo che perseguirla costantemente sia il segreto della scrittura: negli intenti, nella documentazione dell’ambiente, nella punteggiatura, nel lessico. La precisione che io intendo è anche quella delle sfumature nei caratteri dei personaggi, della trama che deve funzionare come un meccanismo bene oliato.
Quando ha scoperto il suo talento per la scrittura e come ha cominciato a esercitarlo?
Non è stata una scoperta, ma un percorso graduale iniziato molto presto. Ho praticato ogni tipo di scrittura: teatrale, radiofonica, giornalistica, saggistica, pubblicitaria, e ognuna di esse mi è servita come palestra per arrivare alla scrittura per ragazzi.
Quali sono stati i libri che ha amato di più da bambina? Quelli che l'hanno ispirata e hanno contribuito alla sua formazione?
Da bambina mi nutrivo dei classici per l’infanzia, dal momento che c’era poco altro. Senz’altro mi hanno formato come lettrice, il che è importante. Ma non saprei dire se hanno formato la mia scrittura, sulla quale hanno inciso maggiormente le letture da adulta. Poi ci sono i libri per ragazzi che ho letto da grande, e fra questi devo citare sicuramente tutti quelli di Roald Dahl.
Quali sono secondo lei le caratteristiche che non possono mancare a una scrittrice?
La pazienza, il perfezionismo e l’addestramento a rileggersi e a correggersi. Quello della scrittura è un lavoro solitario, in cui ognuno deve darsi da sé le proprie regole. Si rischia spesso l’autocompiacimento, e dunque è fondamentale continuare a lavorare come se si cominciasse ogni volta da zero. Per certi versi è davvero così.
L'ispirazione. Per lei, cos'è?
Non ne ho idea! Io lavoro per stratificazioni, ripensamenti, deviazioni, non per illuminazioni improvvise. Credo davvero che l’ispirazione sia un’illusione esterna. C’è un’idea iniziale, ovviamente, che man mano prende forma, si arricchisce, si dilata. E alla fine, è frequente scoprire che ci si è allontanati molto da quella prima ispirazione, se vogliamo definirla così.
I suoi maestri nella vita e nella professione.
Ho iniziato a scrivere romanzi per ragazzi insieme a Guido Quarzo, circa trent’anni fa. Da lui ho imparato molto sull’onestà intellettuale e sull’umiltà. Poi mi sono creata un mio stile (parola che non amo), un mio approccio personale, ma a volte scriviamo ancora insieme, e da lui continuo a imparare.
L'intelligenza artificiale avanza provando a occupare sempre più spazio oggi anche nel mondo delle professioni intellettuali. Potrà mai in futuro sostituire l'umano-scrittore?
Confesso che so ben poco sull’argomento, anche se riconosco all’informatica un grande ruolo. Lavorando per molti anni in pubblicità, ho iniziato a usare un computer prestissimo, e questo mi ha facilitato molto nel lavoro, e lo fa tuttora. Non sono una nostalgica della Lettera 22. Ma spero che in futuro i romanzi siano ancora scritti da esseri umani, che soffrono, gioiscono, si contraddicono, sbagliano, e soprattutto sono capaci di guardare oltre la realtà, di immaginare ciò che non esiste. La letteratura è questo. Anche se talvolta mi capita di incontrare libri che per uniformità e aridità paiono proprio scritti da un computer.
Grazie.
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