Intervista all'autrice vicentina che ha inventato l'iconico personaggio a fumetti.
“Credo che chiunque voglia raccontare delle storie debba leggere. E se vuole raccontare
storie a fumetti, non deve limitarsi a leggere fumetti. Si può apprendere da Dostoevskij e poi esprimersi su Topolino.” Ne è convinta Silvia Ziche, autrice di Thiene (provincia di Vicenza) classe 1967, che pubblica le sue prime tavole su Linus nel 1987 per poi approdare sulle pagine di Cuore, Smemoranda, Topolino e Comix. Collabora anche con vari periodici e alterna la scrittura di lunghe storie a puntate alla ideazione di strisce e vignette. Prosegue, in parallelo, una costante collaborazione con le testate Disney e una
produzione autonoma. Nel 2004 inventa l'iconica Lucrezia, "casalinga disperata" le cui irresistibili citazioni formato nuvoletta compaiono settimanalmente sulle pagine di Donna Moderna, regalando ai lettori pillole di umorismo e sagaci riflessioni sulla società. Ziche ha pubblicato diversi volumi da collezione con Rizzoli Lizard, Feltrinelli Comics, Edizioni BD, Comicout e Disney libri.
Silvia, il giovane Holden desiderava poter chiamare certi autori al telefono tutte le volte che gli girava. Lei quali autori chiamerebbe?
Oggi chiamerei Jane Austen, Anton Cechov, Franz Kafka. Per ringraziarli. Domani magari qualcun altro.
Un pensiero felice.
Per fortuna esiste il senso dell’umorismo.
Scelga un ricordo, uno soltanto.
Mia mamma che mi leggeva Sandokan quando ancora non sapevo farlo
da sola.
Il suo luogo del cuore.
Il mio mondo inventato, quello dove mi rifugio.
Il suo libro preferito?
Orgoglio e pregiudizio. Per oggi. Sono tanti i miei libri preferiti..
La parola alla quale è più legata?
Uffa. Ha un bel suono, la uso spessissimo, va bene per tantissime cose,
esprime concetti giganteschi con sole due sillabe, serve a esprimere il
proprio disappunto, sfogarsi, e poi passare oltre.
Tre hashtag per raccontarsi.
Per raggiunti limiti d’età, eviterei la domanda. Non riesco a usare gli
hashtag.
Quando ha scoperto il suo talento per la scrittura e come ha iniziato a esercitarlo.
Intorno ai vent’anni, entrambe le cose. Ma più che il talento, ho scoperto
che mi piaceva farlo.
L'amore per le storie a fumetti: in che tempo e con quali modalità nasce?
E’ nato prima che io imparassi a leggere: guardavo le vignette di
Topolino, e ci finivo letteralmente dentro.
Come è riuscita a trasformare questo amore in una vera e propria professione?
Con la testardaggine, e tanto tanto impegno. E, per fortuna, ho cominciato presto: ci vogliono degli anni prima di poter usare abbastanza bene le proprie potenzialità.
Gli aspetti più complessi del suo lavoro.
E’ un lavoro estremamente sedentario e solitario.
E quelli più belli?
Si viaggia con la fantasia.
Come nascono le sue storie?
C’è un percorso che direi obbligato: l’idea, la sceneggiatura, la
realizzazione dei disegni. Tra l’idea e la sceneggiatura di solito si
inserisce la necessaria approvazione dell’idea da parte dell’editore.
Perché dare vita al personaggio di Lucrezia?
Non è che l’abbia proprio deciso. A volte raccontare è una necessità.
Per raccontare quello che mi premeva all’epoca, mi era necessario un
personaggio un po’ difettoso, con un caratteraccio. Ed è arrivata
Lucrezia.
Quali sono stati i fumetti che ha amato di più da bambina e che l'hanno in qualche modo ispirata?
Cito solo i primi tre in ordine di tempo: Topolino, Asterix, tutti i fumetti di
Claire Bretécher.
I suoi maestri nella vita e nella professione.
Nella professione Giorgio Cavazzano. Un genio, un disegnatore
gigantesco, ma modesto e disponibile. Io però ho sempre patito la
sindrome della fan, e al suo cospetto parlo a monosillabi impacciati.
Nella vita i migliori maestri sono stati i miei errori.
Lei ha unito il talento della scrittura all'arte del disegno. Ne ha sentito il bisogno professionale per realizzare una maggiore empatia tra contenuto e contenitore?
Sempre per il fatto che sono donna dello scorso millennio, ho delle
difficoltà a definire “contenuto” le cose che faccio. Racconto storie nel
modo che mi è più congeniale, e questo prevede che ci sia una storia
raccontata con dei disegni.
Dentro di lei nasce prima la parola o il (di)segno?
Spesso arrivano insieme. Ma l’idea a volte è fatta solo di parole, e
l’immagine si aggiunge subito dopo. Invece è difficile che succeda il
contrario.
Quali sono le caratteristiche che un autore di storie a fumetti deve necessariamente possedere?
Deve essere molto appassionato, avere la necessità di raccontare
storie, averne lette e assorbite tantissime, essere curioso. Nel caso sia
anche un disegnatore, esercitarsi tantissimo, non accontentarsi mai e
non innamorarsi dei propri disegni, guardare tutto quello che fanno gli
altri autori, e imparare da loro. Avere ben chiara l’idea che non si finisce
mai di imparare.
Grazie.
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