Intervista alla scrittrice modenese Silvia Roncaglia
Nei suoi libri la fantasia prende talmente tanto vita che a un certo punto ti sembra che esca dalle pagine, ti raggiunga e ti sieda accanto per un po', giusto il tempo di arrivare all'ultimo rigo prima della quarta di copertina.
A tu per tu con Silvia Roncaglia, affermata scrittrice di libri per bambini e ragazzi nata a Modena nel 1955 che ha pubblicato moltissimi libri con le maggiori case editrici italiane e vinto importanti riconoscimenti, tra cui il prestigioso premio Bancarellino nel 2006 con "Caro Johnny Depp" (Fanucci Editore).
Già insegnante e direttrice di due riviste, l'autrice organizza spesso spettacoli e letture sceniche, incontri di formazione e laboratori teatrali. Ama molto giocare con le parole che sfrutta al massimo con l’utilizzo di rime ed assonanze, come nel simpatico libro "La Principersa" (Giunti, 2018). Per la meravigliosa collana "I Classicini" edita da El, ha reinterpretato alcuni tra i più grandi capolavori della letteratura per l'infanzia: Carlottina e Carlottina, Il meraviglioso mago di Oz, Robin Hood, Il giornalino di Gianburrasca, Pattini d'argento e altri titoli. Le sue pubblicazioni più recenti sono "Le parole a fare un giro - Poesie per bambini liberi" (Giunti), "Chi ha visto il coniglio?" (Emme edizioni) e "Lumpi Lumpi, il mio amico drago" (Feltrinelli).
Silvia, il giovane Holden desiderava poter chiamare certi autori al telefono tutte le volte che gli girava. Lei quali autori chiamerebbe?
Purtroppo, tutti quelli che vorrei chiamare non ci sono più e alcuni neanche sapevano cosa fosse un telefono: Ovidio, Shakespeare, Emily Dickinson, Carl Gustav Jung, Stefan Zweig e ultimo, ma non ultimo, Nikos Kazantzakis, perché specialmente ora, che vivo in una piccola isola greca, potrei discorrere con lui, con una certa cognizione di causa e spirito affine, di Zorba il greco e dello speciale incanto del mar Egeo.
Il suo libro preferito.
Da bambina indubbiamente Il mago di Oz.
Poi sul mio comodino, come una Bibbia, per anni c’è stata l’Iliade. Da ragazzina ne conoscevo interi canti a memoria e mi identificavo con il Pelide Achille, anche io preda di ire funeste. Ora preferisco l’Odissea e sono sempre stata affascinata da Le Metamorfosi di Ovidio. Insomma, di libri belli ce ne sono tanti, ma io scelgo questi perché credo che tutte le storie siano figlie dei miti e, per noi occidentali, la Grecia antica, oltre che culla della nostra civiltà, è serbatoio del nostro immaginario.
.
Un pensiero felice.
I miei amatissimi nipoti, Greta, Marco e Ada (di nove, sette e tre anni) e un tuffo nel mare.
Va bè, sono due pensieri felici, ma avere pensieri felici fa bene!
Quando ha scoperto il suo talento per la scrittura e come ha cominciato a esercitarlo e a trasformarlo in una professione?
Il mio talento per la scrittura è nato molto precocemente. Appena ho imparato a tenere in mano una matita e a padroneggiare lo stampatello maiuscolo, subito ho scritto una poesia, intitolata “Margheritine”, che mia madre ha conservato per anni nel suo portafoglio. Iniziava così: “Margheritine nei prati bianche…” e me ne stupisco io stessa, perché la costruzione della frase è già poetica e molto inusuale per una bambina di 5 anni, che difficilmente staccherebbe così soggetto e aggettivo, escludendo anche il verbo. E sapevo già fare le rime.
A otto, nove anni, poi, per gioco scrivevo romanzi a quattro mani con un cuginetto e, nelle giornate di pioggia, organizzavo gare di poesia con i numerosi cugini e amici, eleggendo le zie a giudici. Li coinvolgevo anche a realizzare giornalini, utilizzando un vecchio ciclostile (e in età adulta sono stata per un lungo periodo direttrice di due riviste per ragazzi: Leggo Leggo e Scoperte DOC della Zanfi Editore). Organizzavo poi spettacoli teatrali, di cui scrivevo il copione ricavandolo da libri, e può sembrare curioso che poi io sia diventata scrittrice anche di drammaturgie teatrali e abbia collaborato con diverse compagnie teatrali per ragazzi italiane. Insomma, io non pensavo: “Da grande farò la scrittrice”, ma ero convinta di “essere una scrittrice”.
Poi, crescendo, ti insegnano ad essere realistica e ti indirizzano verso studi, aspettative e mestieri più canonici, relegando a “sogno impossibile” quella che prima pareva, e poi è fortunatamente diventata, una realtà. Ho svolto quindi un lavoro canonico, l’insegnante di scuola elementare, ma scrivevo filastrocche e racconti per i miei alunni e per i miei figli, che allora erano piccoli. Li ho spediti a qualche editore e così, nel 1991, da Gabriella Armando delle Nuove Edizioni Romane è stato pubblicato il mio primo libro “La principeRsa e altre storie”. E così la passione è diventata anche una professione.
A quale progetto editoriale è più legata, e perché?
Da quattro anni sono consulente e curatrice di una collana di libri per ragazzi, I NUOVI COLORI DEL MONDO di Città Nuova Editrice e questo è certamente il progetto editoriale cui sono più legata, perché mi ha permesso di occuparmi del libro a trecentosessanta gradi.
Io dei libri amo tutto, non solo la storia che in quanto scrittrice creo. Amo gli aspetti grafici, mi appassiona l’illustrazione, il rapporto tra immagine e testo, la qualità della carta e persino gli aspetti promozionali: escogitare iniziative, studiare la comunicazione più efficace per far conoscere al meglio il prodotto editoriale. Devo scovare testi italiani e stranieri, valutarli e proporli all’editore, segnalare e scegliere l’illustratore più adatto, studiare con il grafico impaginazione, cover, font…
Questa è una piccola collana di albi e prime letture, dedicata solo ai primi lettori, con una particolare attenzione alla facile leggibilità e di soli 6 titoli l’anno, cosa che consente una cura quasi artigianale e scelte molto selettive. La cosa infatti che ci è stata maggiormente riconosciuta è la straordinaria cura nella realizzazione di questi libri, frutto sicuramente anche della stretta collaborazione che io instauro e promuovo con e tra tutti gli artefici del libro, che coinvolgo nel processo di costruzione del prodotto finale in un lavoro di squadra. Così, oltre ad essere per me un lavoro estremamente creativo, mi arricchisce anche da un punto di vista relazionale e mi gratificano molto gli apprezzamenti dei colleghi autori e illustratori che spesso mi dicono: “Grazie, mai un mio libro è stato così seguito e coccolato”.
.
Scrivere per i bambini: qual è la sfida più difficile?
Parlare il loro linguaggio, essere in sintonia con loro, saperli coinvolgere, stupire, interessare, divertire, commuovere… Raggiungerli veramente, insomma. Sarebbe una sfida per chi non ha mai scritto per bambini, ma per chi ha scelto e sentito di scrivere per loro credo sia un talento innato. Io dico spesso, scherzando, ma neanche troppo: “Ho fatto di un difetto una qualità e un mestiere”. Il difetto è l’incapacità di crescere, la qualità è, essendo rimasta bambina dentro, il non avere mai perso lo sguardo vergine e incantato dell’infanzia e possedere la creatività giocosa capace di trasformarla e trasfigurarla, quindi fare di mestiere la scrittrice per ragazzi.
Dove cerca, e trova, l'ispirazione per le sue storie?
Ogni storia ha una genesi tutta sua, ma le idee spesso nascono da spunti reali che poi trasformo in modo fantastico. Il mio primo racconto per ragazzi, “La principeRsa”, per esempio, è nato da un errore ortografico di un mio alunno.
Ma c’è anche il mistero dell’ispirazione, certe idee paiono arrivare da un altrove, sono quelle, talvolta spiazzanti, che mi giungono al mattino presto, tra la veglia e il sonno, in un interregno dove l’inconscio concorre in modo misterioso, appunto, alla creazione fantastica. Il mio libro più complesso e lungo, un young adult di genere fantasy, è nato dal titolo, Adalgisa Volantis e i destini segnati, che mi è letteralmente piovuto in testa, o meglio emerso alla coscienza, un mattino al risveglio.
Quali sono stati i suoi maestri, nella vita e nella professione?
Maestri nella professione credo siano stati i tanti libri che ho letto e probabilmente dei geni giunti da mio padre, che amava e sapeva scrivere, e il nutrimento delle filastrocche e fiabe che inventava per me e mia sorella. Il mio compagno poi è lo scrittore di libri per ragazzi Sebastiano Ruiz Mignone e ci facciamo un po’ da maestri a vicenda, valutando i nostri testi, dandoci consigli, spunti ecc.
Al contrario dei tanti che riconoscono il ruolo di maestri nella vita ai genitori, per me maestri sono stati i figli, che mi hanno fatto sperimentare e insegnato le cose più importanti: l’amore incondizionato, il miracolo della nascita e dello sviluppo di una vita, l’accudimento e la cura, ma anche il lasciare andare e la libertà, perché arriva il momento difficile in cui devi saperli lasciare andare, rispettando sia la loro che la tua libertà.
Ma il più grande, incredibile e duro maestro di vita è stato un tumore che ho avuto nove anni fa. Nessuno mi ha insegnato altrettanto: è un’esperienza che cambia l’ordine delle priorità, molte cose che si ritenevano importanti si ridimensionano, o addirittura appaiono risibili, mentre ciò che si dava per scontato assume un sapore nuovo, nasce una consapevolezza più profonda che porta ad assaporare le piccole cose, a vivere con più pienezza e presenza ogni momento della vita.
L'intelligenza artificiale potrà mai in futuro sostituire l'umano-scrittore?
Sinceramente non lo so, certo è che qualunque cosa produrrà l’intelligenza artificiale sarà comunque derivata dall’intelligenza umana che ha saputo creare quella macchina. Trovo invece preoccupante che sempre di più gli esseri umani vivano come automi, avendo perso il contatto con la Natura e con sé stessi per sete di potere e denaro, in nome di un così detto benessere e progresso del tutto fasulli, condizionati e omologati da pubblicità e mass media. Dovremmo preoccuparci di non perdere le più squisite qualità umane, anziché cercare di trasmetterle a una macchina.
Grazie.
Comentários